Troviamo il bello in ogni cosa

Marco D’Agostino: “Dobbiamo fidarci dei giovani e non giocare al posto loro”

È già sorprendente che un sacerdote titoli il suo libro “Se aveste fede come un calciatore” visto che lo stereotipo vedrebbe arrivare l’esempio da un uomo di chiesa, piuttosto che da uno sport di cui spesso emergono gli aspetti negativi, perdendo di vista quelli autentici. Eppure don Marco D’Agostino, sacerdote cremonese da 25 anni, chiarisce bene i motivi che lo hanno spinto a parlare ai giovani con il suo libro.

I lettori de L’Appennino Camerte si chiederanno come mai si parli di un libro di calcio e fede scritto da un sacerdote cremonese, ma proprio pochi giorni fa il direttore Mario Staffolani mi ha detto: “Solo chi si emoziona può fare il giornalista” e allora – rompendo gli schemi che la scrittura giornalistica impone – vi spiego perchè ho voluto intervistare don Marco D’Agostino. Qualche giorno fa è arrivato in redazione il comunicato stampa della casa editrice del testo in questione e, nella redazione di un settimanale diocesano come il nostro, che al tempo stesso vanta un programma di successo come TribunaStadio che da anni segue il calcio marchigiano ‘minuto per minuto’ mi ha colpito come il tema della fede venisse accostato a quello del calcio.  A questo si è aggiunta la nota biografica dell’autore in cui emergeva il suo impegno nel seminario di Cremona, diocesi guidata dal vescovo camerinese, Antonio Napolioni. Il gioco era fatto: la mia emozione aveva trovato il collegamento per poter scrivere.

“Il libro nasce da un’idea che avevo da tempo – racconta don Marco D’Agostino ai microfoni di Radio C1…inBlu – , volevo scrivere qualcosa per i giovani, ma che non fosse pesante, e avevo già in mente di parlare di calcio. Durante il lockdown ero in videochiamata con Alessandro Bastoni, titolare difensore sinistro dell’Inter, convocato recentemente anche in nazionale e che è stato un mio alunno al liceo di Cremona. Gli ho chiesto cosa significa trovarsi davanti a campioni come Ronaldo e Dybala e lui, con una sicurezza che mi ha spiazzato, ha risposto: ‘Don, dalla difesa non passa nessuno’.

Quando la sera stessa sono andato a letto mi sono detto che se anche io fossi un prete con la sua  stessa fede (‘Da qui non passa nessuno’) sarei un prete e un uomo migliore. Ecco che lui mi aveva acceso la luce per scrivere il libro”.

Allora è nato un album delle figurine dei calciatori che diventano, per l’occasione, veri e propri ricettacoli di saggezza e insegnamenti sulla “fede”. Partendo dalla suggestione degli album, intrecciando la propria voce con quella di giovani amici calciatori, come Alessandro Bastoni (che autografa la prefazione), Francesco Lamanna (autore di una profonda postfazione) e altri ancora, l’autore trascina in una rilettura della vita e del Vangelo proporzionata alla passione calcistica, dove ogni momento (primo tempo, intervallo, tempi supplementari) e ogni sfida (rigori, arbitraggi, allenamenti) sono metafora del diventare adulti.

Corredato da figurine che rappresentano anche Papa Francesco e monsignor Antonio Napolioni oltre che lo stesso autore, questo libro è una vera luce che brilla tra i testi che parlano del lavorare con i ragazzi e con i giovani.

“Io insegno Lettere al liceo di Cremona – spiega – vivo insieme agli adolescenti che diventano grandi e questa è la fonte primaria delle mie riflessioni e dei miei testi. È grazie ai giovani che noi possiamo vedere il futuro e possiamo guardare avanti. E’ un testo rivolto ai giovani perchè non perdano di vista i loro riferimenti. Nella vita hanno degli allenatori di eccezione, un grande tifo, e devono avere forza da questi aspetti. Io che vivo nel mondo della scuola e sono a contatto con tanti genitori, cerco sempre di far passare il messaggio che insegnare non vuol dire metter dentro negli altri le idee, ma sempre accompagnare con molta umiltà e delicatezza e questo i giovani lo apprezzano molto. Noi siamo chiamati ad aver fede in loro. Dobbiamo fidarci dei giovani e non giocare al loro posto: non è corretto che il mister entri in campo o si faccia ammonire o che dagli spalti ci siano degli insulti. Noi adulti abbiamo già giocato un pezzo di partita, ora dobbiamo mettercela tutta affinché negli allenamenti o nel tifo sia data ai giovani l’occasione di mettercela tutta e giocare”.

Il calcio come metafora della vita, anche nella sconfitta: “A volte si perde – prosegue don Marco – e la sconfitta è amara. Questo capita anche nella vita, ma quando succede non dobbiamo arrenderci, bensì puntare alla prossima partita”. La passione calcistica è forte per il sacerdote cremonese, felice delle parole spese da Papa Francesco sul calcio:

“Sono un appassionato – confida – e nei mesi di lockdown il calcio mi è mancato. Le cose belle vanno valorizzate: il calcio è una bella occasione. Il Santo Padre ama il ruolo del portiere perchè è sempre attento e non sai mai da dove arriverà la palla; ma l’interveto che amo di più è quando dice  che il calcio è lo sport più bello del mondo perchè basta buttare là un pallone e i bambini corrono. Sicuramente il Papa avrà in mente le immagini della sua terra, ma anche io credo la stessa cosa, al di là degli aspetti negativi che questo sport può avere. Le cose brutte possono essere in ogni cosa e ogni persona le può vedere. Io invece sono sempre alla ricerca di cose belle, quelle che rinverdiscono la vita. Oggi – conclude – la sfida del credente e di ogni persona onesta è quella di vedere le grandi cose, tutto il bello che c’è”.

di Giulia Sancricca