Samugheo. Preghiera e solidarietà nella Casa di riposo

Sono passati ormai quindici giorni da quando siamo entrati nella cosiddetta fase 2; per molti è stato come rilassarsi un po’. A piccoli passi, timidamente, incontriamo i nostri cari da cui per più di due mesi siamo stati lontani. Anche il nostro parroco, don Diego Tendas, presidente della casa di riposo Margherita Floris, ha ridato l’opportunità ai parenti degli ospiti della struttura di
recarsi a far visita ai loro cari, con le dovute precauzioni. Così anche il personale della casa, che alla fine di marzo diede la disponibilità in caso di chiusura, è potuto tornare nella propria abitazione. Ho incontrato una di loro, Ilaria, e spinta da curiosità le ho fatto una piccola intervista.


Perché nonostante la tua giovane età hai dato piena disponibilità a risiedere in struttura, durante la pandemia?

Tutto ha avuto inizio il 25 marzo: don Diego ha chiamato, uno per uno, tutti i dipendenti per chiedere disponibilità a risiedere nella struttura, in caso di chiusura e io, senza pensarci tanto, ho accettato subito. Non pensando alle difficoltà che avrei trovato, alla lontananza dagli affetti e alla convivenza continua con il personale e con gli ospiti della casa. Il giorno dopo, don Diego, ci ha comunicato che 8 di noi avevano accettato e dato disponibilità a vivere diuturnamente all’interno della casa di riposo per proteggere gli ospiti. Con noi naturalmente il presidente e due collaboratori esterni, che sono stati sin da subito parte della nostra grande famiglia.

Cosa hai provato durante la pandemia, mentre svolgevi il tuo servizio in clausura?

Il viaggio è iniziato il 28 marzo. Oltre al carico di bagagli, tutti avevamo, anche, un carico di responsabilità, paura e varie emozioni contrastanti. Sin dal primo giorno ci siamo organizzati in modo che il lavoro che andavamo a svolgere risultasse più semplice e sereno. Abbiamo lavorato con il motto una mano lava l’altra.

Che mi dici, invece, degli anziani?

Oltre alle nostre emozioni non possiamo dimenticare pure le loro. All’idea di vivere ogni giorno con le stesse persone, si sono trovati ad avere emozioni contrastanti, mettendo in gioco anche le simpatie personali. Il primo sentimento è stato di felicità, per il senso di protezione nei loro confronti che notavano da parte di tutti noi. Perché non chiudendo la casa ci sarebbe stata la possibilità di contagio, come è avvenuto in altre strutture. Certo è, però, che non è ancora finita. Nello stesso momento, però, di tristezza; perché sapevano che per 15 giorni sarebbero stati isolati dai loro parenti e dal resto della grande famiglia della struttura. Da 15 giorni, poi, sono diventati 30 e per finire 33.

Come avete vissuto le giornate?

Come noi, anche i nonni hanno dovuto abituarsi a nuovi orari e nuove regole. Soprattutto il silenzio e la tranquillità della mattina, perché qualcuno del personale riposava dopo aver fatto la notte. Ci siamo e si sono abituati a vivere sempre con le stesse facce. A ridere e scherzare durante tutto l’arco della giornata o le chiacchierate seduti al bordo dei loro letti. Per loro, durante questo periodo è stata fondamentale, anche, la presenza continua di don Diego ma soprattutto nel ministero di parroco. La mancanza dei familiari è stata dura, nonostante le varie videochiamate, foto, video e i continui contatti virtuali. Ci sono mancati i nostri cari, immaginiamo a loro. Ogni tanto, quando c’era più di tempo e la possibilità ci mascheravamo imitando qualcuno e così vivevano e vivevamo un momento di spensieratezza. Forse li abbiamo viziati un po’, anche, ai dopo cena in compagnia. Non ci siamo mai persi d’animo nonostante la stanchezza. È un’esperienza difficile da raccontare, abbiamo lavorato in armonia, tranquillità e soprattutto con tanta felicità. Non ci è mai mancata la protezione del Signore, che ci ha assistito sin dal primo momento e l’abbiamo sentito con noi per tutta la durata di questa esperienza.

Come avete vissuto la Quaresima e la Pasqua?

Ogni sera abbiamo partecipato alla Messa assieme agli anziani; nessuno di noi aveva vissuto il periodo quaresimale e la Pasqua così intensamente. Abbiamo avuto la fortuna di partecipare a tutte le celebrazioni, soprattutto a quelle del Triduo Pasquale. È stata per noi una vera fortuna, perché la maggior parte dei fedeli non vi ha potuto partecipare se non virtualmente. Abbiamo cercato di aiutare don Diego come potevamo e lui lo ha fatto con noi ci è stato di supporto ogni giorno.