Come in una ferrata: osare, ma in sicurezza; ben consapevoli che la stanchezza e sofferenza sono necessarie per raggiungere e tornare dalla vetta. L’attività pastorale riparte e lo fa mettendo al centro la relazione con Dio e con l’altro in un tempo difficile come quello imposto dal Covid-19, ma che può essere fonte di un nuovo modo di pensare al presente dando maggior valore alla vita e alle nostre relazioni in famiglia, con chi ha difficoltà fisiche o psichiche e con tutta la nostra comunità.

Queste alcune indicazioni arrivate venerdì scorso in Seminario durante l’incontro di formazione Le relazioni al tempo del Covid, a cura della psicoterapeuta Elisabetta Cimatti, e dedicato a operatori e volontari degli Uffici pastorali. Una bella occasione per rivedersi e confrontarsi per trasformare le difficoltà del nostro tempo in nuove opportunità, dando una risposta cristiana alla pandemia, come ci indica papa Francesco.

Tra le parole chiave dell’incontro, i concetti di ‘limite’ e ‘obbedienza’, che hanno acquisito un nuovo significato dal febbraio scorso, ma anche l’immagine della Croce come simbolo capace di sciogliere le contraddizioni del nostro tempo.

Al termine dell’intervento della dott.ssa Cimatti i partecipanti sono stati suddivisi in cinque gruppi di lavoro, ognuno dei quali ha approfondito un aspetto del tema dell’incontro: la relazione con gli anziani; la relazione all’interno della famiglia; la relazione di fronte alle difficoltà psico-fisiche; la relazione con il corpo e la relazione con la comunità.

“La pandemia ha messo in crisi le nostre aspettative e certezze – spiega la Cimatti -. Abbiamo avuto in questi mesi esperienze che mai ci saremmo immaginati. Ci siamo resi conto delle cose importanti che prima davamo per scontate, mentre siamo stati costretti a stare in certi spazi vivendo, a volte, in contesti di solitudine. Ne è nato subito un atteggiamento istintivo di rifiuto e non accettazione”.

Anche il desiderio dell’altro è stato intaccato dal virus, sfociando in due aspetti tra loro contrapposti: una minaccia per la nostra vita oppure una risorsa di cui non possiamo fare a meno. “Il virus ci ha rivelato il doppio volto del nostro simile – prosegue la relatrice -. Da una parte la mancanza dei contatti sociali ci ha rivelato quanto l’altro sia importante per noi, ma ha svelato anche quanto l’altro sia sempre fonte di perturbazione fino a rappresentare una possibilità di malattia e morte. La prima risposta che abbiamo dato al Coronavirus è stata la quarantena, un rafforzamento dei nostri confini per tutelare la nostra vita ma anche quella degli altri”.

Il virus ci ha costretti dunque a cambiare anche il nostro concetto di “libertà”. “Oggi siamo abituati a pensare che ogni limite dato alla libertà personale sia un ostacolo alla dignità; e la libertà viene spesso intesa come affermazione illimitata di noi, ma credo che il nostro tempo abbia perduto il nesso tra libertà e comunità; una libertà che non dimentica la responsabilità individuale e in cui si vince e si deve vincere assieme”.

Un’immagine, questa, che ci viene ben espressa dalla Croce. “La cosa più importante, da cui deriva tutto il resto, è sentirsi in relazione con il Signore. In questo modo tutto diventa più superabile.

Gesù in croce, tramite l’obbedienza al Padre, rappresenta il limite umano per eccellenza – prosegue la Cimatti -; la croce è sofferenza, ma è anche un limite scelto da cui scaturisce l’amore. In questo senso, il significato della parola ‘obbedienza’ è per me molto bello: agire in modo conforme, scegliere di obbedire alla vita è dare valore alla vita stessa”.

Dall’immagine della Croce a quello della ferrata, che ben rappresenta la sfida che ci attende e che si deve vincere soprattutto cambiando noi stessi. “In ferrata si parte solo se ci sono condizioni meteo favorevoli – conclude la relatrice – ed è saggio scegliere percorsi dal livello di difficoltà affrontabili in base alle proprie competenze. Si deve osare, ma sempre in sicurezza. È un’esperienza che richiede la massima concentrazione, passaggio per passaggio.

Spesso si hanno a fianco compagni di viaggio di cui ti devi fidare e di cui, durante il cammino, conosci un lato completamente nuovo. Scalare non serve a conquistare le montagne, siamo noi che dopo questa avventura non siamo più gli stessi”. Da qui si deve partire, passo dopo passo, per ripensare le nostre relazioni.

di Samuele Marchi