La città segreta, in cui vivere diventa difficile

Da agosto 2019 a settembre 2020 la Caritas di Alba ha messo a disposizione oltre 214mila euro per il supporto d’individui e famiglie in condizione di difficoltà socioeconomica o abitativa

Il lockdown è come la marea: quando si ritira espone allo sguardo ciò che prima rimaneva nascosto: i tesori, ma anche ciò che non funziona e va aggiustato, insieme ai problemi che non volevano essere visti

La metafora è utilizzata da don Mario Merotta, direttore della Caritas diocesana, per raccontare gli ultimi mesi di emergenza sanitaria e l’attività di chi si è battuto per proteggere i soggetti più fragili.

Perché una seconda realtà sembra essere affiorata nei mesi scorsi ad Alba, meno brillante dell’immagine della città a cui siamo avvezzi. È una realtà fatta di bollette da pagare, conti in rosso, sfratti, medicine troppo care per molti, solitudine e paure. È una realtà che ricorda a tutti noi come le risorse sono concentrate nelle mani di pochi, mentre larghe fasce di popolazione lottano per galleggiare.

La rappresentazione di questo secondo universo albese, invisibile a uno sguardo superficiale, è emersa il 3 ottobre, durante il convegno della Caritas diocesana, attraverso l’analisi dei dati dell’Osservatorio povertà: numeri che narrano zone d’ombra e vite dimenticate. Da agosto 2019 a settembre 2020 la Caritas ha messo a disposizione oltre 214mila euro per il supporto di individui e famiglie in condizione di fragilità socioeconomica o abitativa. Di questa cifra, 56mila euro sono confluiti nel supporto al pagamento di affitti e spese condominiali e 57mila euro se ne sono andati in bollette; 17.500 euro sono serviti per il sostegno all’acquisto di farmaci, spese mediche e ticket sanitari e 25mila per l’approvvigionamento dell’Emporio solidale.

L’attività della struttura di corso Cillario che distribuisce generi alimentari donati dalla grande distribuzione a persone in difficoltà ha riguardato nell’ultimo anno un totale di 1.304 utenti, per un corrispettivo di 437 famiglie. Si tratta di persone con la dichiarazione Isee inferiore ai 6mila euro, che vivono dunque sotto la soglia di povertà assoluta, impossibilitati a fronteggiare i bisogni di sussistenza primaria. Il totale del cibo distribuito in un anno ha raggiunto quota 111mila chilogrammi, 304 in media al giorno. Il costo annuo di gestione dell’emporio – la cui attività è sostenuta e realizzata perlopiù da volontari – è stato pari a 80mila euro.

I numeri proseguono, descrivendo il difficile 2020, anno della pandemia: durante il lockdown, nel periodo compreso tra il 17 marzo e il 31 maggio, la Caritas ha distribuito viveri a 1.375 persone per un totale di 424 famiglie, delle quali il 44% italiane e il 56% straniere. Il dato denota la drammatica posizione di marginalità e le difficoltà nel processo d’integrazione di chi arriva da fuori rispetto ai nostri confini, ma anche la fatica di molti connazionali. Durante il periodo di chiusura l’emporio è riuscito a distribuire oltre 70 borse al giorno, di valore medio di 25 euro, con 27 volontari.

Si tratta di numeri che raccontano storie di fatiche quotidiane, di preoccupazioni e conflittualità domestiche, di stress, di paure e sogni interrotti. Perché dietro la statistica esistono vite di uomini, donne, bambini giocate ogni giorno, che a causa del loro concentrarsi sui bisogni della sopravvivenza non hanno forza, non dispongono di sufficienti altoparlanti per guadagnarsi l’ascolto, la priorità che sarebbe dovuta sui banchi della politica, delle istituzioni e dei pensieri collettivi.

La rete Caritas vuole costruire alleanze solidali per i più fragili

Parliamo con don Mario Merotta, il direttore della Caritas

I dati sulla povertà ad Alba denotano una situazione critica, vero don Mario?

Ad Alba la povertà rimane nascosta o comunque considerata meno pervasiva rispetto al dato di realtà. Le analisi della Caritas, riportate durante il convegno del 3 ottobre, raccontano la storia di una città invisibile, fatta di persone che faticano a provvedere alla sussistenza primaria

Come muoversi?

Riconoscere i problemi è il primo passo nel percorso verso la loro risoluzione. Pensiamo al Centro di prima accoglienza di via Pola, che di recente ha dovuto fronteggiare l’arrivo di una trentina di lavoratori africani. Per evitare tali sovraccarichi dovremmo pensare, in collaborazione con altri enti, di realizzare strutture pubbliche in grado di accogliere le persone in difficoltà

Qual è il messaggio della Caritas?

L’apertura: la Caritas deve muoversi all’interno di una rete, chiedere aiuto, collaborare, interagire. Dobbiamo cambiare l’idea dell’ente “che aiuta le persone povere” in maniera autonoma, indipendente dagli altri attori. La missione della Caritas è invece di svolgere una funzione di accompagnamento, di rappresentare un “braccio” che sorregge la persona in difficoltà e la orienta nel percorso verso le istituzioni di supporto. La metafora della locanda, che abbiamo scelto per il convegno, parla di questo: la Caritas non è la locanda, ma il suo ruolo è accompagnare quella persona in temporanea difficoltà verso la locanda

di Matteo Viberti