È bene precisare immediatamente l’ambito della riflessione e il suo limite. Indicherò due elementi due positivi della testimonianza della fede cristiana nel tempo della pandemia. Il limite dello scritto è evidente: siamo ancora nel pieno della tempesta che sta agitando il mondo e le famiglie, i singoli e chi ci governa. Cogente domanda urge di risposta che tarderà ancora.

Le due considerazioni che propongo, muovono dalla premessa dei “segni dei tempi”. Con segno dei tempi si intendono aspetti nascosti dello spirito umano e ‘carica di futuro’ che stanno emergendo anche dal complesso e seppur tragico evento della pandemia.

Dice il Vaticano II in GS 4: “È dovere permanente della Chiesa scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, così che in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico”.

La Chiesa risponde a Dio scrutando i segni e facendo la cernita di quali siano i segni veri dell’azione di Dio. Nella ricerca di ciò che lo Spirito di Dio sta suscitando, anche come attesa della comune umanità, la Chiesa rinnova se stessa e, perciò, la sua missione.

È bene precisare che il segno dei tempi non è il dato della pandemia, quanto piuttosto l’esplosione in fatti che si intrecciano e si condizionano mutuamente, senza un ordine cronologico preciso, con la coscienza universalizzata e le aspirazioni dell’umanità. Potrebbe per esempio rilevarsi, che già precedentemente alla pandemia, da più parti e incomplementari modi, gli uomini aspiravano ad una ecologia integrale e alla fraternità universale, compresi dei credenti nelle diverse religioni (es. rilevabile negli eventi dello “sciopero scolastico per il clima” promosso da Greta Thunberg; della firma del documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di Al- Azhar Ahmad Al-Tayyeb).

Ora, ritengo che il popolo fedele in cammino, alla luce del vangelo e nello Spirito, abbia colto ed ancora debba cogliere “segni della presenza o del disegno di Dio”. Mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, prendendo parte – senza alcuna distinzione– alla vicenda umana della pandemia, i credenti con luce nuova, scorgono le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo (cfr. GS 11).

Sulla scorta di questo esercizio spirituale che Dio sta facendo fare al suo popolo perché gli corrisponda, esercizio ripeto mai concluso, è possibile indicare qualche elemento positivo della testimonianza di fede. Il primo elemento, da connettere ai segni dei tempi, è che i cittadini-battezzati (gerarchia compresa) circa la loro testimonianza di fede si sono attenuti alla scienza sanitaria e alle disposizioni del governo.

Non sembri poca cosa. Si è compiuta, con il dramma della pandemia, una sincronizzazione tra l’essere fedeli di Cristo e l’essere cittadini nella modernità. Questa ultima ha i tratti della responsabilità ora del Governo e della coscienza dei singoli, ora della scienza medica e dell’accesso diffuso alla conoscenza scientifica; ora ha i tratti dello Stato sociale e della cittadinanza attiva, ora, in Italia almeno, declinando come ‘fedeli civici’ il principio costituzionale e di fede della solidarietà.

I credenti si sono lasciati alle spalle i secoli del fideismo contro lo scientismo; della guerra fra “il trono e l’altare”, del potere politico contro il religioso. La presunzione della supremazia di quest’ultima sfera, il sacro, sul profano-sociale, comprese nelle cose temporali, è definitivamente tramontata. Al medico epidemiologo spetta illuminarci sui comportamenti sanitari, e a nessun altro, sacerdoti compresi!

Il secondo elemento positivo, sempre scaturente dai segni dei tempi da meglio discernere, è che i fedeli costretti a “restare a casa” hanno fatto esperienza di fede in dimensione di coscienza, di preghiera in piccola comunità di Chiesa domestica, di essenzialità nell’offerta liturgica della condizione fragile di vita.

La relazione della presa in carico della prossimità e la custodia del debole si è rivelata apportatrice di senso salvifico. E questa è forse la grazia essenziale per la quale ciascuno e la Chiesa stessa tutta, pur in crudo tempo di pandemia, può chiedere a Gesù: accresci la fede mia.

di Domenico Zambito